Termine di prescrizione delle pretese contributive

Con la sentenza n. 3438/2019 il Tribunale di Roma – Sezione Lavoro, in accoglimento del ricorso promosso dallo Studio Legale, ha confermato l’orientamento giurisprudenziale in forza del quale le pretese contributive si prescrivono nel termine breve di cinque anni.

Nel caso di specie, la ricorrente aveva proposto opposizione avverso l’intimazione di pagamento, a cui erano sottese cartelle relative a crediti di natura previdenziale ed assistenziale, deducendo che tra la data di asserita notifica delle cartelle e quella di notifica dell’intimazione di pagamento oggetto di giudizio era ampiamente decorso il termine quinquennale previsto dalla l. n. 335/1995, non interrotto da alcun atto prodotto in giudizio dalla Agenzia delle Entrate-Riscossione, anzi rimasta contumace.

Oltre a confermare l’applicabilità della legge n. 335/1995, il Tribunale ha richiamato la sentenza n. 23397/2016 della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la quale si è definitivamente stabilito che le pretese contributive si prescrivono nel termine “breve” di cinque anni, eccetto nei casi in cui la sussistenza del credito sia stata accertata con sentenza passata in giudicato o a mezzo di decreto ingiuntivo.

In tale decisione la Suprema Corte, nell’interpretare l’art. 2953 c.c. “con riguardo specifico all’operatività o meno della […] conversione del termine prescrizionale breve in quello ordinario decennale” e nel valutare se la prescrizione breve (5 anni) “sia applicabile anche nelle ipotesi in cui la definitività dell’accertamento del credito derivi da atti diversi rispetto ad una sentenza passata in giudicato”, ha ritenuto che la stabilizzazione del credito produce “soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito” e non anche “la conversione del termine di prescrizione breve[…] in quello ordinario decennale”.

La Corte di Cassazione ha, quindi, sul punto affermato che la conversione della prescrizione breve a decennale è possibile “soltanto per effetto di sentenza passata in giudicato, oppure di decreto ingiuntivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale”.

Di fatto la sentenza ha chiarito che l’omessa impugnazione di un provvedimento accertativo o esattoriale non può concedere, all’atto in oggetto, di acquistare “efficacia di giudicato”, giacchè i citati atti sono “espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A.”.

Per tale ragione, “l’inutile decorso del termine perentorio per proporre opposizione, pur determinando la decadenza dell’impugnazione, non produce effetti di ordine processuale […] con la conseguente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione”.

In conclusione, la trasformazione da prescrizione quinquennale in decennale si perfeziona soltanto con l’intervento del “titolo giudiziale divenuto definitivo” (sentenza o decreto ingiuntivo).

 

Lo Studio Legale fornisce assistenza anche nei procedimenti aventi ad oggetto cartelle relative a crediti di natura previdenziale ed assistenziale nonché nella procedura di recupero delle somme di cui alla eventuale sentenza di condanna a carico dell’Agenzia delle Entrate- Riscossione.

Luisa Pellegrino – Avvocato

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