Furto del bancomat ed illecito prelievo. Come comportarsi per ottenerne la restituzione da parte dell’Istituto di Credito

In caso di furto del bancomat e successivo illecito prelievo il danneggiato, previa apposita denuncia, dovrà rivolgere al relativo Istituto di Credito istanza di restituzione dell’importo illecitamente prelevato.

In gran parte dei casi l’Istituto respinge l’istanza, “accusando” il Cliente di violazione del dovere di custodia degli strumenti di pagamento.

Previo specifico reclamo sul punto, tanto in caso di mancato riscontro che di riscontro negativo, il Cliente potrà presentare ricorso, anche dinanzi all’Arbitro Bancario Finanziario, tenendo conto dei seguenti principi.

  1. Secondo la normativa vigente, spetta all’intermediario fornire l’adeguata prova della violazione gravemente colposa degli obblighi gravanti sull’utilizzatore di strumenti di pagamento.

Su tale punto il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e del su citato Arbitro afferma che la “colpa grave” è costituita da una straordinaria ed inescusabile imprudenza, negligenza o imperizia, la quale presuppone che sia stata violata non solo la diligenza ordinaria del buon padre di famiglia di cui all’art. 1176, 1 comma, c.c., ma anche quel grado minimo ed elementare di diligenza generalmente osservato da tutti (cfr. Cass. civ., 19 novembre 2001, n. 14456; ABF, Collegio di Milano, dec. n. 40/2012; n. 2310/2011; Collegio di Roma, dec. n. 2157/2011; n. 712/2010). Si tratta, in altri termini, non semplicemente di una condotta che sia contraria ai presidi minimi di attenzione normalmente richiesti ai consociati, laddove utilizzino strumenti di pagamento, bensì di un comportamento abnorme ed, in quanto tale, non scusabile.

E proprio in conformità a tale orientamento si è statuito che, nel caso di uso illegittimo di una tessera bancomat, la società di servizi che eccepisca la colpa concorrente del titolare per difettosa custodia del codice personale, ha l’onere di provare concretamente sia la negligenza, la quale pertanto non può ritenersi “in re ipsa” per il solo fatto che una tessera bancomat, dopo il furto, sia stata utilizzata per prelevare facendo uso del Pin, essendo del resto possibile ricavare illecitamente il Pin necessario per effettuare prelievi dal conto corrente altrui anche mediante appositi strumenti informatici; sia di aver predisposto adeguati sistemi per evitare l’illecita intromissione da parte di terzi per carpire i codici di utilizzo.

Sempre in conformità al su richiamato orientamento è stato, inoltre, deciso che, in assenza di un quadro probatorio che porti ad escludere l’impossibilità di ottenere il Pin a mezzo di strumenti fraudolenti, si deve concludere che il cliente si sia comportato correttamente e che il Pin sia stato carpito dal sistema da parte di colui che ha sottratto la tessera, senza che la banca abbia apprestato gli adeguati sistemi per impedirlo (Trib. Padova Sez. II, Sent. 22.03.2017).

Ed ancora. In attuazione dei suesposti principi è’ stato, altresì, statuito che non può presumersi che il furto ed il successivo prelievo dal conto siano sempre la diretta conseguenza dell’incuria, da parte del titolare, nella conservazione delle carte e del Pin, essendo comunque necessaria una prova concreta in tal senso fornita dalla banca (Giudice di Pace Milano, Sent. 12057/2015).

Altrettanto consolidati sono, inoltre, i principi disposti in materia dal suddetto Arbitrato e dal Collegio di Coordinamento, secondo i quali non può ritenersi provata, neppure in via presuntiva, la colpa grave dell’utilizzatore sulla base dei soli utilizzi fraudolenti in tempi alquanto ravvicinati rispetto al furto; vi è, infatti, la necessità che siano esaminati, in relazione alla concreta fattispecie di volta in volta posta al vaglio dell’Arbitro, ulteriori elementi di fatto che siano – per l’appunto – gravi, precisi e concordanti e in relazione ai quali vi sia un elevato grado di probabilità che detti utilizzi fraudolenti siano ascrivibili alla condotta gravemente colposa dell’utilizzatore, il quale con il proprio comportamento abbia causalmente contribuito al verificarsi dell’evento (Collegio di Coordinamento-Decisione n. 6168 del 29 novembre 2013; Collegio di Milano – Decisione del 25/10/2018)

Nel caso, quindi, in cui l’intermediario si limiti a fornire argomentazioni astratte, la prova certa e concreta sulla “grave colpa” del Cliente è da ritenere non raggiunta.

  1. E’ altresì a carico dell’intermediario la prova dell’adozione di idonei sistemi di sicurezza tali da garantire l’efficace protezione dei propri clienti dall’utilizzo indebito del bancomat conseguente al suo furto.

In caso in cui si invochi il servizio sms-Alert, l’ormai consolidato orientamento anche dei Collegi territoriali ha statuito che l’attivazione di tale servizio costituisce un onere gravante direttamente sull’intermediario, a prescindere dal fatto che il cliente ne abbia o meno richiesto l’attivazione. Più precisamente, si ritiene che la mancata attivazione del servizio di “sms-Alert” costituisce una carenza organizzativa imputabile all’intermediario resistente il quale, data la natura di misura di sicurezza del sistema di sms Alert, non dovrebbe limitarsi a proporlo al cliente ma dovrebbe adottarlo in modo generalizzato. Unica valida alternativa, la produzione di una specifica dichiarazione liberatoria del cliente che non intenda avvalersi di tale servizio (cfr. Coll. Roma – Dec. 7976/2016; Coll. Roma – Dec. n. 15447/2018; Coll. Palermo – Dec. n. 13205/2017; Coll. Roma- Dec. n. 5953/2014).

La conoscenza della materia e degli aggiornamenti, consentono allo Studio Legale di assistere il Cliente in ogni singola fase della procedura ovvero dalla denuncia, alla lettera di reclamo, alla presentazione telematica del ricorso all’Arbitrato Bancario Finanziario, all’azione presso la competente Autorità Giudiziaria.

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